Con la sua ordinanza n. 10481 la Corte di Cassazione ha affermato che la cartella esattoriale che non riporta il calcolo degli interessi sul debito tributario preteso è nulla, poiché si tratta di atto che non permette al contribuente che l’ha ricevuta di poter verificare la correttezza della pretesa dell’amministrazione e quindi di difendersi adeguatamente nelle opportune sedi.
La fattispecie trae origine da un accertamento per maggiore Irpef notificato ad una contribuente, la quale impugna l’atto nel merito, e diventa poi definitivo, in seguito di sentenza irrevocabile. A questo punto l’Agenzia delle Entrate procedeva all’iscrizione a ruolo definitivo delle somme, e l’Agente della Riscossione procedeva a notificare la cartella di pagamento, che veniva a sua volta impugnata dalla contribuente affermando che l’atto non indicava i criteri di calcolo degli interessi dovuti.
In tale ambito, la Commissione regionale riteneva la cartella nulla, e le Entrate ricorrevano per Cassazione affermando che non fosse necessaria alcuna esplicitazione dei criteri di calcolo degli interessi in questione per almeno due ragioni: sono predeterminati per legge e la cartella è redatta secondo un modello ministeriale che non prevede questa specifica.
Ebbene, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, rammentando come la cartella di pagamento deve motivare gli interessi maturati sul debito tributario, permettendo così al contribuente di permettere di verificarne la correttezza di calcolo. Viene così ritenuta corretta l’interpretazione secondo cui doveva essere annullata la cartella riportante solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza indicare le modalità attraverso le quali si giungeva a tale importo.
Intuibilmente, la sentenza non mette in discussione la spettanza degli interessi, ma solamente il modo con cui viene calcolato il totale riportato nella cartella.