Stando a quanto precisa un recente e importante (e atteso!) chiarimento da parte del Fisco, è il Quadro RW 2018 quello destinato ad accogliere i saldi di bitcoin e delle criptovalute detenute nei propri wallet. A sostenerlo è la stessa Agenzia delle Entrate in una risposta ad un interpello 956-
39/2018, sebbene non si registrino nuove specifiche indicazioni nelle istruzioni alla compilazione del modello.
In particolare, sembra che l’Agenzia delle Entrate sia arrivata a una simile valutazione nello sforzo deduttivo che ha portato il Fisco ad assimilare le valute virtuali alle valute estere: una posizione particolarmente nota, già espressa nella risoluzione 72/E/2016.
Naturalmente, questa valutazione non è certo priva di effetti. In particolar modo, l’equiparazione
a valute estere implica la rilevanza dell’investimento in criptovalute ai fini RW, in quanto attività finanziaria estera. In questo caso, secondo l’Agenzia delle Entrate, il codice da utilizzare nella colonna 3 è il 14 “altre attività estere di natura finanziaria”. Tale indicazione va conciliata con l’altra posizione – espressa sull’Irpef -secondo cui la norma che tassa le plusvalenze realizzate
sulla cessione a pronti delle valute tradizionali, detenute presso depositi e conti correnti, è applicabile a tutte le criptovalute, indipendentemente dalla tipologia del “wallet” (il portafoglio elettronico) presso cui sono depositate, se del contribuente o dell’intermediario (exchanger o gestore di portafogli).
Ne deriva, da quanto sopra, che se i wallet sono assimilabili ai depositi, allora forse si sarebbe potuto utilizzare il codice 5 “valute estere da depositi e conto correnti”.
Al di là di tale avvertenza specifica formale, la scelta del codice 14, e soprattutto l’assenza di ogni rassicurazione al riguardo nel documento, lascia comunque il dubbio che ai depositi virtuali non si
applichi la soglia di 15 mila euro prevista per conti correnti e depositi tradizionali.